Gli abitanti del luogo chiamano
“Gesiùn” (termine accrescitivo di Chiesa) ciò che resta della
chiesa romanica di S. Pietro di Sugliaco, che era la rettoria di un villaggio, Livione, nominato in un documento del 1209.
Le rovine sorgono completamente isolate all’incrocio di due stradine di campagna in mezzo a vigneti e campi coltivati. Per le sue caratteristiche architettoniche il Gesiùn (letteralmente "chiesona", a dispetto delle modeste dimensioni dell’edificio) rappresenta una delle testimonianze più singolari, e anche anomale, dell’
architettura romanica nel Canavese e sicuramente uno dei punti più suggestivi del tratto canavesano della via Francigena.
La chiesa, di modeste dimensioni, è in stile romanico primitivo, datato presumibilmente al terzo quarto
dell’XI secolo. L’edificio è oggi parzialmente in rovina. Quanto resta dell’edificio in pietre e mattoni, diroccato in più punti lascia ancora chiaramente comprendere la sua originaria struttura architettonica, con la navata unica ed il presbiterio che si conclude con un’abside poco pronunciata. Presenta quindi un’unica navata separata dal vano presbiteriale mediante tre arcatelle sorrette da due colonne; il piccolo campanile si innalza sulla parte centrale del presbiterio.
I lavori di restauro hanno consentito di riportare alla luce, nella zona presbiterale, un
frammento di affresco con una mano che sostiene un libro, opera collocabile forse nel XV secolo. Si può ipotizzare che sia parte di una perduta raffigurazione di San Pietro, santo al quale la chiesa era dedicata.
Le dimensioni della navata sono molto ridotte: 4,62 m in lungo e 3,80 m in largo; l’abside semicircolare ha solo 80 cm di raggio. La navata era coperta da un solaio di cui ancora si vedono alcuni incastri nei muri.
Al di sopra del presbiterio si innalza un
singolare campanile (quasi in forma di tiburio) che presenta su ciascuno dei quattro lati una finestra sormonta da un piccolo cornicione con archetti pensili in cotto.